venerdì 26 luglio 2013

Il giardino botanico del Priorato di Salagon (Viaggio in Francia)

Negli anni Sessanta succede che un artista, pittore e poi scrittore, Pierre Lieutaghi, attratto irresistibilmente dal mondo vegetale, torna a vivere in alta Provenza, a Mane, piccolo borgo medievale situato tra dolci colline, circondato da campi di grano e vigneti.



In mezzo ai campi, su una collinetta, vi è  una chiesa medievale abbandonata da tempo. La sensibilità artistica di Leutaghi, l’amore per le piante e  la collaborazione con altre persone che condividono i suoi interessi, consentono la trasformazione di quel luogo.



Il priorato viene restaurato,  e probabilmente nasce la prima parte del progetto, quella in cui si ricostruisce un giardino come era prima dei viaggi oltre Oceano, con le piante rituali, magiche, alimentari, medicinali.


Poi  però il progetto cresce, si aprono sezioni sulle piante moderne con esemplari botanici dei vari continenti, sulle  aromatiche e i loro profumi, sulle piante cosiddette “semplici”.


L’idea iniziale si espande sempre più, rendendo questa piccola porzione di campagna francese un luogo dove le piante sono accolte, curate, studiate, protette. Il tutto in un’atmosfera  che ricorda gli antichi monasteri benedettini, dove la cultura veniva custodita nel silenzio dei chioschi, in attesa di tempi migliori.


Le attività che vi si svolgono sono numerose; vi afferiscono esperti internazionali per il lavoro di inventario, ricerca e di pubblicazione utile per chi si occupa in qualche modo di botanica.  Molto fornita è la libreria, dove chi legge il francese dovrà trattenersi dalla voglia di portarsi a casa di tutto.


Vale assolutamente una visita anche solo per rendere omaggio al mondo della natura in questa specie di luogo di culto delle piante, e forse anche per vedere cosa può accadere ad una intuizione sostenuta dalla passione e dalla capacità di “crederci”, cioè di sostenere l’idea con la pratica, per  farla crescere passo dopo passo.







lunedì 15 luglio 2013

Ho fatto lo yogurt!

Mi ero formalmente impegnata con  Paola del blog  " Ho fatto il composto!"   a fare un altro passo verso il risparmio nell’accumulo di plastica con la produzione casalinga dello yogurt.  





Così con meno di venti euro ho comprato una yogurtiera a caraffa, mi sono documentata un po’, e ho cominciato a sperimentare la produzione yogurt casalingo, devo  dire con molta soddisfazione.



Si fa così:  si versa un barattolino di yogurt naturale dalla scadenza lontana nella caraffa, si aggiunge poco per volta il latte, mescolando delicatamente. Si chiudono i tappi, si collega la spina e si lascia in caldo la prima volta 12 ore; successivamente basteranno 6/8 ore aggiungendo 3 o 4 cicchiai di yogurt autoprodotto che sarà più ricco di fermenti rispetto a quello industriale.
Se si usa latte  fresco o crudo, deve essere bollito e in questo caso si deve far raffreddare prima di aggiungere lo yogurt o i fermenti comprati in farmacia. Il latte infatti non deve contenere batteri perché entrerebbero in conflitto con i lattobacilli che si usano per produrre lo yogurt; inoltre questi non devono essere inattivati dal calore.
Io preferisco usare direttamente il latte a lunga conservazione uht in quanto è già sterilizzato e non va quindi bollito; può essere intero o parzialmente scremato, per un prodotto più o meno consistente.
Il risultato è comunque uno yogurt cremoso, poco acido, veramente buonissimo. Senza considerare l'aspetto del risparmio, perchè un litro di yogurt viene a costare quanto un litro di latte, cioè da da 1 a 1,50 euro, più qualche centesimo per la corrente elettrica.
Il procedimento con il latte uht è molto semplice; se si tiene accesa la yogurtiera di notte, si risparmia sull'energia elettrica e al mattino lo yogurt è pronto per essere messo in frigorifero ed averlo pronto per il pomeriggio. Si conserva 3 o 4 giorni.
Così niente più barattoli di plastica in giro; l'unica a rimetterci è Lala che trovava molto gusto a lustrare a lucido i vasetti...

Seguendo il blog di Paola sto imparando ad avere più consapevolezza rispetto ai consumi ed alla produzione di rifiuti; possiamo impegnarci, oltre a fare naturalmente la raccolta differenziata dei rifiuti, a produrne sempre meno, anche se mi piacerebbe soprattutto che tanti imballaggi in plastica del supermercato fossero sostituiti con confezioni in carta o cartone o comunque in materiale biodegradabile.
In un prossimo post  aderirò alla insolita proposta di Paola in cui ci sollecita a parlare dei nostri rifiuti.
Grazie a Paola e baci a tutti.



venerdì 5 luglio 2013

E l'orto?

Ma in questo blog che dovrebbe essere un diario dell'orto, di orto non si  parla più?

primo trapianto: tre grandinate a maggio ed è tutto da rifare
Dopo la pausa invernale, piogge e freddo primaverile e grandinate a maggio.

pomodori


Tutto da rifare, ma l'incredibile vigoria delle piante di pomodori ha fatto recuperare un po' del tempo perduto.

cipolle, piselli
zucchini, melanzane, peperoni, costine, cavoli, un po' di tutto in formato mignon
Tutto è in ritardo; di frutta neanche l'ombra ma c'è finalmente qualcosa di verde che sta crescendo.

Come si vede dalle foto, quest'anno lo sfondo principale è il nero del telo  pacciamante in tnt.
Le spontanee che trovano acqua e concime sono incontenibili, perciò, dato che  vorrei evitare di passare i w.e. a strappare erba e che di lavori da fare ce ne sono già tanti, ho deciso di usare il telo il più possibile.
Non è bello da vedere, ma è permeabile all'aria e all'acqua, è resistente e si può riutilizzare per molte volte, dovrebbe durare molti anni. Il nero attira il calore, per cui sarebbe meglio ricoprirlo con erba di sfalcio, per evitare il surriscaldamento e la più rapida evaporazione dell'acqua.
Probabilmente Fukuoka inorridirebbe, ma forse lui non ha dovuto affrontare la gramigna bagnolese indirettamente irrigata e concimata. Anche questa è una forma di adattamento e mi permetterà, spero, di fare qualche bella passeggiata in Val Pellice o in alta Valle Po, dove, per i troppi lavori nel campo, ho ancora tanti posti da scoprire. A presto.